Anche in questo caso AP.AS. ha presentato il resoconto delle prove di ingabbio prolungato eseguite durante l’inverno. La sperimentazione eseguita l’anno scorso ha gettato le basi per una migliore programmazione degli ingabbi fatti in questa stagione

di Marco D’Imperio

Anche in questo caso AP.AS., mediante il tecnico Antonio Carrelli, ha presentato il  resoconto delle prove eseguite durante l’inverno. La sperimentazione eseguita l’anno scorso ha gettato le basi per una migliore programmazione degli ingabbi fatti in questa stagione. Le migliorie hanno riguardato:

  • tipo di trappola: partendo dal modello ucraino-polacco, sono stati creati modelli “italiani” che consentono una più facile liberazione della regina (aperture più grandi e poste in posizioni più comode) ed un minore rischio di mortalità (angoli smussati);
  • tempistica dell’ingabbio: il tempo di permanenza delle regine all’interno delle gabbie non deve essere eccessivamente lungo e, soprattutto, deve consentire uno sgabbiamento anticipato rispetto alle fioriture di almeno 60-70 giorni.

I benefici derivanti da ingabbi prolungati su 40-80 giorni, pur necessitando di ulteriori approfondimenti e di valutazioni più rigorose dal punto di vista scientifico, sembrano essere diversi:

  • il blocco di covata prolungato consente, anche a latitudini dove un blocco reale non si ha quasi mai (centro-sud), di effettuare trattamenti eradicanti di varia natura che certamente mostrano una efficacia superiore alla media. Va anche considerato che più si ritarda lo sgabbiamento, e quindi la ripresa della deposizione della regina, più si ritarda la ripresa della crescita della popolazione della varroa. Quest’ultimo aspetto, se ben congeniato, potrebbe rendere inutili i trattamenti tampone primaverili-estivi.
  • Le famiglie ingabbiate non avendo covata da nutrire e termoregolare consumano molte meno scorte e/o nutrimento.
  • La scomparsa della covata per un tempo prolungato consente alle api di effettuare una radicale pulizia dei favi con conseguente abbattimento delle cariche virali, batteriche, etc. presenti all’interno dell’alveare.

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