La candeggina nella preparazione degli sciroppi: conosciamola meglio! Consigli pratici e dosaggi

di Marco D’Imperio

Innanzitutto è bene chiarire che la candeggina, anche comunemente detta “varichina o varrechina”, è una soluzione acquosa nella quale il principio attivo che a noi interessa è l’ipoclorito di sodio (NaClO) ovvero un sale a base di sodio.
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Essendo una soluzione acquosa possiamo trovarla in commercio a diverse concentrazioni e dunque con diversa efficacia. Tale aspetto è di estrema importanza e va tenuto seriamente in considerazione quando si preparano gli sciroppi per l’alimentazione delle api, sia essa di soccorso o stimolante!

In commercio possiamo trovare i seguenti prodotti:

  • amuchina (1.15% di ipoclorito di sodio);
  • candeggina (2.5%);
  • candeggina (5%);
  • candeggina (15%).

Ovviamente parliamo della candeggina pura, senza aggiunta di coloranti, essenze profumate, ecc.

La soluzione acquosa di ipoclorito di sodio è leggermente giallastra ed ha un pH basico che può variare da 11, per le soluzioni al 5,5%, fino ad arrivare a 13 per le soluzioni al 15%.pericolosità-candeggina-negli-sciroppi

Attenzione! Una soluzione con pH basico pari a 13 ha la stessa aggressività di una soluzione acida con pH 1. Dunque occhio ai vestiti e alla pelle esposta! Usate sempre gli opportuni dispositivi di sicurezza (occhiali, maschera per proteggere le vie respiratorie e guanti in plastica – tipo lavapiatti).

L’uso in apicoltura ed in particolare nella realizzazione degli sciroppi

È pratica comune aggiungere agli sciroppi usati per l’alimentazione una certa dose di candeggina o ipoclorito.
Ma perché si ricorre a tale stratagemma? La risposta è abbastanza semplice: l’ipoclorito di sodio in acqua libera, oltre che una serie di composti dal potere più o meno ossidante, lo ione ossigeno ovvero un agente ossidante molto forte in grado di rompere le “membrane” di molti batteri, virus e funghi. In sostanza, è il processo che si sfrutta per la disinfezione delle acque nei nostri acquedotti.

N.B. lo ione ossigeno ovvero l’atomo di ossigeno carico negativamente ha azione ossidante; l’atomo di ossigeno bimolecolare (O2) che si trova comunemente in atmosfera con carica neutra non ha alcuna azione ossidante.

L’aggiunta della candeggina allo sciroppo ha il compito di disattivare tutti gli organismi che potrebbero fare fermentare e/o far generare quelle fastidiose mucillaggini che renderebbero lo sciroppo poco appetibile alle api. Tra l’altro, gli stessi microorganismi non possono sviluppare alcuna resistenza all’ipoclorito.

Attenzione però a tre aspetti:

  1. l’ipoclorito di sodio è instabile ed il cloro gassoso evapora velocemente rendendo l’efficacia “disinfettante” limitata nel tempo. Sostanzialmente si può dire che, la candeggina disinfetta la soluzione all’atto dell’aggiunta ma ciò non garantisce la sua “sterilità” nel tempo ovvero non ci pone al riparo da future contaminazioni che potrebbero derivare, ad esempio, dai nutritori stessi o dalle api morte che si ritrovano in essi.
  2. La solubilità dell’ipoclorito in acqua varia in funzione della temperatura: aumentando la temperatura il cloro evapora più velocemente e dunque l’azione dell’ipoclorito è meno efficace. Inoltre, anche
    la luce solare può disattivare il cloro così come alcuni metalli fra quelli presenti in molti integratori/stimolati utilizzati in apicoltura.
  3. Il potere ossidante è funzione, oltre che della concentrazione dell’ipoclorito, anche del pH della soluzione. In sostanza, se per accelerare l’inversione del saccarosio aggiungiamo acido citrico o aceto, l’ossigeno che si libererà per effetto dell’aggiunta dell’ipoclorito -ovvero l’efficacia sterilizzante- sarà decisamente inferiore.

I consigli per un corretto uso della candeggina nella preparazione degli sciroppi

 

  1. Aggiungere la candeggina solo poco tempo prima della somministrazione dello sciroppo. In questo modo ci si allontana temporalmente dai pH acidi che si usano per stimolare l’inversione dello zucchero in quanto anche l’acido citrico e l’acetico si degradano dopo poco tempo. In tal modo l’ipoclorito può permanere più a lungo nello sciroppo.
  2. Conservare nelle fasi di stoccaggio e trasporto, per quanto possibile, lo sciroppo al buio e al fresco.
  3. Sembra scontato dirlo, ma è bene ricordare che le api non possono essere alimentate in presenza di melari e l’alimentazione, in generale, va utilizzata con parsimonia e solo se strettamente necessaria.

Le dosi consigliate

Ricordiamo che l’efficacia dell’azione disinfettante è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’ipoclorito:

  • amuchina (1.15%) = 2 cc (ml) per litro di sciroppo;
  • candeggina (2.5%)= 1 cc (ml) per litro di sciroppo;
  • candeggina (5%)= 0,5 cc (ml) per litro di sciroppo;
  • candeggina (15%)= 0,15 cc (ml) per litro di sciroppo.

Sia ben chiaro: non è che sia strettamente necessario fare i conti al decimo di millilitro! Una dose leggermente maggiore non nuoce alle api ma ricordate che gli effetti, positivi o negativi che siano, sono anche funzione del tempo di somministrazione. Dunque, se esagerate nelle dosi tenete presente che state rendendo la soluzione eccessivamente basica e che alle api ciò potrebbe non piacere soprattutto se continuate a propinargliela per molto tempo!

E se avete problemi di cavata calcificata o pietrificata?

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Non esiste molta letteratura scientifica strettamente attinente alla tematica ipoclorito vs covata calcificata/pietrificata; tuttavia è facile supporre che, trattandosi di funghi (Ascosphaera apis per la covata calcificata e Aspergillus flavus o Aspegillus fumigatus per la covata pietrificata) abbastanza “rudimentali”, è plausibile che l’ipoclorito possa avere una certa efficacia in dipendenza della concentrazione del principio attivo.
Dunque, in tal caso, è pratica comune raddoppiare le dosi di ipoclorito per 2 o 3 passaggi di sciroppo a distanza di 4 o 7 giorni. Resta da valutare l’efficacia dello stesso principio attivo sulle spore dei suddetti funghi le quali sono le maggiori indiziate della contaminazione orizzontale e verticale all’interno dell’alveare.