GUIDA ALL’ETICHETTATURA DEL MIELE

di Marco D’Imperio

1. PREMESSA

La presente guida nasce con l’intento di fornire ai soci APAS e ai lettori del nostro sito un riferimento completo da utilizzare ai fini della strutturazione della propria etichetta. La guida è volutamente densa di esempi e casistiche accumulate grazie all’incessante lavoro di consulenza che APAS ha svolto negli ultimi anni e che continua a svolgere grazie al servizio di revisione che è a disposizione dei soci (vedi servizi offerti da APAS).

È bene ricordare che la realizzazione di un’etichetta non è affare da poco! L’etichetta è spesso l’unico mezzo con il quale un apicoltore viene a contatto con il pubblico ed è dunque un biglietto da visita per la realizzazione del quale non si possono lesinare impegno, precisione e rispetto delle regole anche al fine di evitare sanzioni che rasentanto le migliaia di euro.  

1.1 I nostri consigli

NON improvvisatevi esperti del settore e non fidatevi del vostro bagaglio di conoscenza in materia di etichettatura essendo, questo, un campo soggetto a continui aggiornamenti e revisioni da parte del legislatore.

NON improvvisatevi grafici e non cadete nell’errore di sovraccaricare di contenuti e di orpelli le etichette. È questo il caso di rispolverare un vecchio detto: “less is more”. Le etichette più efficaci e che comunicano meglio sono certamente quelle più semplici e pulite. Dunque meglio limitarsi ad inserire le informazioni obbligatorie e valutare con molta attenzione l’eventuale aggiunta di informazioni supplementari.

Per un maggiore approfondimento, consigliamo di consultare la ben più ampia e precisa guida realizzata dall’UNAAPI nella quale potete trovare informazioni anche sull’etichettatura degli altri prodotti apistici.

1.2 Definizioni e inquadramento normativo

Prima di addentraci nei contenuti che un’etichetta deve contenere per essere a norma, è bene richiamare il  Regolamento (Ue) N. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori che, all’art. 2, comma 2, definisce l’etichetta come “qualunque marchio commerciale o di fabbrica, segno, immagine o altra rappresentazione grafica scritto, stampato, stampigliato, marchiato, impresso in rilievo o a impronta sull’imballaggio o sul contenitore di un alimento o che accompagna detto imballaggio o contenitore”.

Nel caso del miele, l’etichetta non è solo l’adesivo frontale ma essa comprende anche il retro etichetta, il sigillo di garanzia, eventuali collarini, ecc.

Detto ciò, il consiglio è quello di far comparire le indicazioni obbligatorie sull’etichetta frontale, sul retro-etichetta e al massimo sul sigillo di garanzia e ripeterle su eventuali collarini i quali potrebbero staccarsi sugli scaffali dei negozi o perdersi e dunque rendere l’etichetta incompleta e quindi passibile di sanzioni. Resta inteso che l‘eventuale distacco di sigilli, collarini ecc. successivamente all’acquisto da parte del consumatore finale solleva da ogni responsabilità il produttore del miele.

È bene ricordare che le responsabilità di quanto indicato in etichetta sono dell’operatore il cui nominativo e/o la cui ragione sociale sono riportati in etichetta.

Per quanto riguarda la leggibilità generale, l’altezza minima dei caratteri, ad eccezione della indicazione del peso, deve essere di 1,2 mm (0,9 mm in caso di etichette la cui superficie più ampia è inferiore a 80 cm2).
Per quanto riguarda il peso, vale la tabella qui riportata.

2. LE INDICAZIONI OBBLIGATORIE

2.1 La denominazione di vendita ovvero “miele”

Non è raro imbattersi in etichette nelle quali ci si dimentica di inserire il prodotto che si sta proponendo al cliente ovvero il miele; resta inteso che, se si scrive miele millefiori, oppure miele di acacia o miele di ciliegio, si è già assolto a tale obbligo.

La doppia indicazione floreale e/o vegetale può essere utilizzata a condizione che i fiori e/o i vegetali indicati abbiano lo stesso periodo di produzione di nettare e/o melata e siano della stessa origine geografica (es.: miele di sulla e acacia).

Non si è obbligati ad eseguire analisi e, con un minimo di esperienza sensoriale e soprattutto con un minimo di esperienza apistica (periodi e zone di bottinatura), si può ragionevolmente dedurre quale sia la tipologia di miele con la quale si ha a che fare. In tal caso sarà il produttore stesso ad assumersi la responsabilità della denominazione di vendita riportata sull’etichetta. Tuttavia, per una maggiore sicurezza, è consigliabile far eseguire da laboratori specializzati ed accreditati un’analisi dello spettro pollinico completo o, in via più sbrigativa ed economica, un’analisi al microscopio il cui costo orientativo si aggira sui 30 € (i soci APAS possono usufruire di uno sconto).

Non può esser utilizzata la dizione miele DI millefiori, perché non esiste alcuna pianta o origine botanica denominata “millefiori”, mentre invece la dizione (senza la “DI”) può essere utilizzata perché indica una denominazione di vendita consolidata nell’uso comune. Tale miele deve comunque riferirsi ad un miele con più origini floreali e non ad un prodotto derivante dalla miscelazione di diversi mieli di origine mono-floreale.

Si rammenta che, così come non è possibile attribuire la denominazione “miele di sulla” ad un miele che nella realtà è un millefiori, non è altrettanto possibile fare il contrario ovvero attribuire la denominazione di “miele millefiori” ad un miele che nella realtà è di sulla: in entrambi i casi si ingannerebbe il consumatore e dunque si commetterebbe una frode. Quindi, anche l’abitudine di chiamare millefiori tutto quello che NON si sa classificare può risultare pericolosa.

Va infine detto che un miele uniflorale è tale se rispetta determinate caratteristiche relative all’analisi pollinica, ma anche in merito al colore e ad altri parametri utilizzati caso per caso. Per quanto riguarda l’analisi pollinica, va aggiunto che difficilmente si avrà a che fare con un miele puro al 100% di una determinata specie. Molto più spesso esistono dei range all’interno dei quali è possibile classificare e quindi etichettare un miele con una determinata denominazione di vendita. Il miele di acacia, per esempio, secondo la scheda di caratterizzazione del MASAF, può essere etichettato come tale se vi è una percentuale di polline di Robinia superiore al 15% (persano Oddo et al, 2000); tuttavia è facile immaginare che avere a che fare con un miele di acacia al 16% è cosa ben diversa da avere a che fare con un miele al 60% di acacia. In termini di conservazione dello stato fisico, pur essendo entrambi mieli di acacia, il primo potrebbe essere soggetto ad una solidificazione che è invece improbabile nel secondo.

2.2 La quantità netta del miele

Tale indicazione va inserita nello stesso campo visivo della denominazione di vendita. Va ricordato che il simbolo del grammo, secondo il Sistema Internazionale, è “g” (senza punto) e non “gr”.

In riferimento al peso netto, va detto che la tolleranza massima ammessa non deve superare i 15 grammi in meno nel caso di vasi che contengano dai 500 ai 1000 g di miele.

2.3 Il termine minimo di conservazione o TMC

È il termine entro il quale il produttore si assume la responsabilità che il prodotto conservi le caratteristiche che aveva all’atto della messa in commercio o, più precisamente, il termine entro il quale sono assicurati il rispetto degli standard di legge; tale termine è in genere di 24 mesi o più frequentemente di 18 mesi.

Il TMC può essere indicato in maniera precisa e dettagliata (da consumarsi preferibilmente entro il 31/12/2024 – in tal caso il TMC può assumere anche le funzioni di lotto) oppure, cosa più frequente, in maniera più generica “da consumarsi preferibilmente entro fine dicembre 2024” o ancora “entro fine 2024”. Attenzione, è essenziale inserire all’interno della frase che indica il TMC la parola “fine” nel caso di queste ultime due diciture.

È bene precisare che la pratica di indicare la scadenza con il gg/mm/aaaa è adottata dalle grosse aziende che cambiano lotti quotidianamente; per le piccole aziende è più conveniente riferirsi al formato “fine 2024” o “fine dicembre 2024”.


Ricordiamo inoltre che vi è differenza fra la data di scadenza e il TMC; quest’ultimo viene utilizzato per gli alimenti che NON diventano deperibili rapidamente (es. il miele) e, soprattutto, superato il TMC, è ancora possibile consumare il prodotto (non c’è alcun divieto). Il TMC, dunque, fa riferimento unicamente alle caratteristiche organolettiche e di gradimento del prodotto ma non alla sicurezza che invece rimane inalterata anche dopo il TMC.

2.4 Il nome o la ragione sociale

Il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore sono riferiti a colui che si assume la responsabilità di quanto riportato in etichetta e dunque del prodotto immesso in commercio; tale informazione può anche essere arricchita da un numero di telefono, un indirizzo e-mail o un indirizzo di un sito internet, ma non può essere sostituita con la partita iva o con il REA.

La dicitura più frequente che si ha è “Prodotto e confezionato da Mario Rossi, in via IV novembre, Napoli”. L’indirizzo indicato in questo caso può essere quello della sede legale o quello dello stabilimento o entrambi se questi non coincidono. Tuttavia è bene precisare che non è obbligatorio inserire anche la sede dello stabilimento di smielatura e confezionamento quando questi non coincidono ma appartengono allo stesso responsabile della commercializzazione. Il principio che deve guidare nella compilazione di questa indicazione è quello di fornire un indirizzo al quale il responsabile sia facilmente rintracciabile.

Caso diverso è quello in cui la sede del produttore e quella dello smielatore/confezionatore non appartengono allo stesso responsabile della commercializzazione (è il caso in cui il miele viene smielato presso una smieleria che fornisce il servizio in conto terzi); in questo caso è uso comune inserire la seguente dicitura: “Prodotto da Mario Rossi, in via IV Novembre, Napoli e confezionato in via XXV Aprile, Salerno”; questo per distinguere le responsabilità le quali, per ciò che concerne le fasi di produzione sono imputabili a Mario Rossi, mentre  per ciò che concerne le fasi di smielatura e confezionamento sono imputabili alla struttura con sede a Salerno (in questo caso non è indispensabile inserire il nominativo o la ragiona sociale della struttura che si è occupata della smielatura; è sufficiente inserire l’indirizzo).

Anche APAS, a breve, metterà a disposizione dei soci un laboratorio per la smielatura (vedi servizi offerti da APAS).

2.5 Il paese di origine

Può essere indicato con diverse diciture a partire dalla poco elegante “paese di origine: Italia” fino ad arrivare alla più frequente dicitura “Miele italiano”; la presenza della sola bandiera italiana non assolve all’obbligo di indicazione del paese di origine. In caso di miscele, vanno indicati tutti i paesi dal quale il miele proviene.

È bene ricordare che le indicazioni che fanno riferimento ad aree locali (es. miele irpino) non sostituiscono l’indicazione del paese di origine.

2.6 Il lotto

È definito (Direttiva 2011/91/UE e D.Lgs. 231/2017) come l’insieme di unità di vendita di una determinata derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze sostanzialmente identiche.

Esso viene determinato dal produttore e può essere composto da numeri e/o lettere; va sempre preceduto da una lettera L (maiuscola e senza punto); l’indicazione del lotto non è richiesta quando il TMC figura nella forma gg/mm/aaaa.

Il lotto deve essere riportato anche in fattura, sul registro della tracciabilità e sul registro dei clienti ai fini della rintracciabilità dei prodotti.

2.7 Avvertenze ambientali

Con la nuova normativa a regime, è obbligatorio fornire al consumatore finale anche le indicazioni relative alle modalità di smaltimento degli imballaggi. Nel caso specifico dei vasi di miele che vanno considerati come imballaggi primari, le indicazioni da riportare in etichetta, siano esse facoltative o obbligatorie, sono per noi le seguenti:

  • per il vaso in vetro trasparente: tipologia di imballaggio: vaso; codice del materiale: GL70 (volendo si può aggiungere anche tipologia del materiale: vetro incolore); indicazioni per la raccolta differenziata: raccolta vetro; colore di sfondo o delle scritte e/o dei pittogrammi: verde. Nel caso in cui il vetro dovesse essere di colore differente, verificare le indicazioni fornite dal rivenditore che devono accompagnare la fattura/bolla; per esempio, andranno utilizzati i codici GL71 per il vetro verde e GL72 per il vetro marrone.

  • Per la capsula (coperchio): tipologia di imballaggio: capsula; codice del materiale: FE40 (volendo si può aggiungere anche tipologia del materiale: acciaio); indicazioni per la raccolta differenziata: raccolta metallo; colore di sfondo o delle scritte e/o dei pittogrammi: azzurro-turchese. Nel caso in cui la capsula dovesse essere di materiale differente, verificare le indicazioni fornite dal rivenditore che devono accompagnare la fattura/bolla; per esempio, andrà utilizzato il codice ALU41 per le capsule in alluminio.

  • Per quanto riguarda la carta che va a comporre l’etichetta adesiva o la gomma che riveste il sotto capsula, non va riportata alcuna indicazione ai fini dello smaltimento in quanto questi materiali poliaccoppiati non sono “separabili manualmente” e dunque non vengono considerati imballaggi. Cosa diversa sono invece i collarini in carta o altri materiali: questi ultimi sono separabili manualmente dalla confezione e dunque, se presenti, va indicata la modalità di smaltimento con il relativo codice (cartone ondulato = PAp20; cartone non ondulato = PAP21; carta generica =PAP22).

  • Molta attenzione va poi posta agli imballaggi secondari, terziari ecc. ovvero a quelle eventuali confezioni di cartone, plastica, ecc. che vanno a contenere il vaso di miele ovvero la confezione primaria. Tali imballaggi aggiuntivi dovrebbero riportare le informazioni per lo smaltimento già prestampate dal fornitore/fabbricante. In caso contrario, anche su questi ultimi deve essere apposta l’opportuna etichetta ambientale che dà indicazioni sullo smaltimento.

  • In tutti i casi possono essere aggiunte informazioni facoltative del tipo: “Verifica le disposizioni del tuo Comune”.

Ricordiamo che dal 1° gennaio 2023 è obbligatorio produrre, acquistare ed immettere sul mercato etichette conformi alle indicazioni sullo smaltimento.

Sarà tuttavia consentito commercializzare le scorte dei prodotti già immessi in commercio o etichettati preima del 1°gennaio 2023 (l’acquisto e l’etichettatura antecedenti il 1° gennaio 2023 devono essere comprovati dalle fatture e dalla compilazione del registro della tracciabilità nel quale vengono generati i lotti e dichiarati i numeri di vasi etichettati).

2.8 Mieli Biologici

L’etichetta dei mieli prodotti in regime biologico va sottoposta alla revisione e controllo dell’organismo certificatore. Solo dopo tale controllo e autorizzazione si potrà utilizzare la fogliolina che contraddistingue i prodotti BIO (logo che deve avere precise dimensioni);

su tali etichette dovrà anche essere apposto il nominativo dell’organismo certificatore e con il relativo codice autorizzativo concesso dal Ministero e in aggiunta dovrà essere inserito il codice dell’operatore controllato.

3. COSA NON INSERIRE IN ETICHETTA

A titolo di esempio citiamo alcune diciture che non è raro rinvenire su alcune confezioni e che invece vanno assolutamente evitate:

  • miele naturale: inserendo tale dicitura si induce il consumatore a pensare che gli altri mieli potrebbero non essere naturali. Tuttavia, essendo il miele “naturale” per definizione, tale dicitura non è ammessa; resta inteso che il riferimento al concetto di “naturale” va evitato in tutte le sue declinazioni stilistiche e grammaticali.
  • miele senza aggiunta di conservanti, ecc.: inserendo tale dicitura si induce il consumatore a pensare che gli altri mieli potrebbero contenere conservanti o altre sostanze aggiunte. Tuttavia, essendo vietata l’aggiunta di qualsiasi sostanza o componente al miele, tale dicitura non è ammessa;
  • miele indicato per la cura di una particolare patologia: non possono essere inserite indicazioni che fanno riferimento ad aspetti salutistici o terapeutici (es. “indicato per la cura dell’asma”) perché in tal caso si rischia di entrare nel complicato modo dei claims con conseguenze inimmaginabili (Reg UE 1169/2011).

4. LE INDICAZIONI FACOLTATIVE

Vi sono poi una serie di indicazioni facoltative che si possono inserire in etichetta, sulle quali va posta molta attenzione sia per non sovraccaricare di contenuti, sia per non incorrere in sanzioni dovute alla mancata corrispondenza tra ciò che si scrive e quella che è la realtà.

Fra queste vanno ricordate:

4.1 L’etichetta nutrizionale

È facoltativa nel caso si tratti di prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti (es. miele, polline, pappa reale).

Qualora la si debba inserire perché richiesta dalla GDO (grossa distribuzione) o nel caso si decida di esportare all’estero), le indicazioni devono essere riportate secondo uno specifico schema (Reg. 1168/11, art. 30) nel quale vi è obbligatoriamente il valore energetico, la quantità di grassi totali e acidi grassi saturi, i carboidrati, gli zuccheri, le proteine e il sale (vedi figura).

Come riferimento si può prendere la tabella nutrizionale elaborata dall’INRAN che è valida per tutte le tipologie di miele (dati generalmente stabiliti ed accettati: art 31 comma 4C) essendo quest’ultimo un prodotto composto essenzialmente di zuccheri e solo in minima parte da altri componenti che non vanno necessariamente indicati nell’etichetta nutrizionale.

4.2 Data di produzione

Può essere inserita ma non aggiunge nulla a quanto il consumatore dovrebbe desumere dalle altre informazioni.

4.3 Origine geografica

Prima di apporre una eventuale denominazione geografica (es. miele della valle del Tammaro), è opportuno accertarsi che non vi siano nel territorio di produzione DOP, IGP, STG, PAT, DECO riferite al miele perché in tal caso occorre far riferimento ai relativi disciplinari e seguire l’iter autorizzativo.

Secondo quanto riportato dal Ministero dell’agricoltura in un elenco aggiornato al 21 novembre 2022, risultano registrati solo tre mieli DOP in tutta Italia (miele della Lunigiana – Toscana, Miele delle Dolomiti Bellunesi- Veneto e Miele Varesino -Lombardia), mentre non risultano essere registrati mieli IGP.

4.4 Origine floreale

Si intende la specificazione dell’origine botanica del miele. Può sembrare strano, ma indicare se si tratta di un miele di castagno o di acacia, ecc. è un’indicazione facoltativa. Dunque in caso di dubbi sull’origine botanica si potrebbe riportare in etichetta la semplice denominazione di vendita ovvero “miele” anche se, va detto, dal punto di vista del marketing questa genericità potrebbe essere controproducente.

4.5 Il marchio e

La presenza del marchio presuppone che la bilancia utilizzata per la pesatura del miele abbia una risoluzione (sensibilità) di 3 g (per confezioni comprese tra 500 e 1000 g); se non viene apposta, la risoluzione richiesta è quella prevista dalla norma nazionale, ovvero 1 g. Il marchio va posto in prossimità del peso e deve avere altezza minima di 3 mm.

Resta inteso che tutti i sistemi di pesatura destinati a pesare prodotti immessi in commercio devono essere sottoposti al controllo degli organi competenti (ufficio metrico, sistema delle dogane, ecc.).

4.6 Altre indicazioni

La più diffusa è “conservare in luoghi freschi, asciutti e al riparo dalla luce”.

Si possono inserire indicazioni del tipo: “miele soggetto a naturale solidificazione” e aggiungere anche “per la liquefazione riscaldare a bagnomaria”; attenzione in questo caso ad inserire temperature di riferimento perché tale aspetto è soggetto a numerose interpretazioni.

Si possono anche inserire diciture del tipo “alimento non adatto ai bambini di età inferiore ai 12 mesi” ma anche in questo caso è bene utilizzare molta cautela.

4.7 Il sigillo di garanzia

Pur non essendo obbligatorio è richiesto, dalla GDO ed è un accorgimento che garantisce il consumatore in merito all’integrità della confezione.

È abitudine abbastanza comune spostare sul sigillo le informazioni soggette a frequenti cambiamenti, come lotto e il TMC, così da liberare l’etichetta di quella parte di testo variabili e consentire, in tal modo, la stampa di un numero elevato di etichette con evidenti abbattimenti dei costi. Tale accorgimento può essere una buona strategia per chi non stampa frequentemente etichette ma occorre fare attenzione affinché le informazioni del lotto e del TMC non si perdano o non ne venga compromessa la lettura prima che il miele venga acquistato dal consumatore finale. Dopo l’acquisto, ovvero dopo il ritiro dallo scaffale, l’eventuale alterazione o compromissione dell’etichetta non è più imputabile alla responsabilità dell’apicoltore o del venditore.

5. I CONTROLLI DELLE AUTORITÀ COMPETENTI

In caso di controlli da parte di Asl, NAS o qualsiasi altro organo di polizia, è bene sempre avere a disposizione in laboratorio tutta la documentazione del caso ovvero:

  • fatture di acquisto dei vasi e delle capsule;
  • fatture di acquisto/stampa delle etichette;
  • registro della tracciabilità con la generazione dei lotti (vedi servizi offerti da APAS). ;
  • elenco clienti o, in alternativa, le fatture o autofatture di vendita numerate in ordine progressivo e contenenti l’indicazione del numero di pezzi per ciascuna pezzatura forniti al cliente; ciascuna voce deve essere accompagnata dal relativo numero di lotto;
  • manuale di autocontrollo (vedi servizi offerti da APAS).

Nel caso venga contestata una particolare dicitura o qualsivoglia modalità di etichettatura, sta agli stessi organi di controllo, e nella fattispecie al funzionario che esegue il controllo, dover dimostrare quanto da lui sostenuto (onere della prova). Non può pertanto chiedere ad un apicoltore di effettuare una modifica o tanto meno redigere un verbale senza che le sue affermazioni o il suo verbale siano supportate da un riferimento preciso di legge. Deve dunque chiedere una modifica o redigere il verbale citando la norma, l’articolo e, se necessario, il comma. Questo per evitare che personali interpretazioni o disinformazione generalizzata creino inutili aggravi burocratici a carico delle aziende le quali, se le condizioni sussistono, possono anche rivalersi sugli stessi funzionari.